venerdì 13 giugno 2008

EMBRIONE E ABORTO NELLA CULTURA GRECA 3



PLATONE (ATENE 427-347 a.e.v.)
Neppure lui si è mai pronunciato espressamente sulla questione della natura dell'embrione. Tuttavia, un passo di Tertulliano lo annovera tra i seguaci della teoria dell'animazione postnatale: "Questo sostengono ...e talora lo stesso Platone, quando dice che l'anima, essendo totalmente estranea e bandiata dall'utero, entra nell'infante che nasce con il primo atto respiratorio così come esce con l'ultimo respirto" (Tert. De anima 25.2). Del resto, la nozione platonica di anima come sostanza distinta e assolutamente indipendente dal corpo, che preesiste ad esso fin dall'inizio dei tempi è congruente con l'idea che l'anima entri nel nuovo corpo soltanto al momento della nascita.
Platone si dichiara apertamente favorevole all'aborto come mezzo di pianificazione familiare e di continemento delle dimensioni della popolazione. Nella sua repubblica ideale, il numero dei cittadini deve essere controllato, affinché la popolazione non risulti né troppo grande, né troppo piccola e soprattutto sia costituita di individui il più possibile sani e di buone qualità psichiche e morali. Per inciso: si tratta di eugenetica, ma non di eugenetica per così dire nazista, perché lo scopo di Platone non è di creare una razza superiore destinata a dominare sulle altre, ma semplicemente di realizzare l'ideale della "kallipolis" il quale non può prescindere dalla bellezza e dalla perfezione dei singoli individui che compongono la cittadinanza. Questo controllo sulla popolazione deve avvenire prima tutto attraverso il controllo sui matrimoni. La procreazione deve avvenire soltanto in matrimoni legittimi, sanzionati dal diritto della città, tra persone reciprocamente idonee, quando sono nell'età del maggiore vigore fisico e mentale(20-40 per le donne, fino a 50 per gli uomini). Però, dopo aver adempiuto il loro dovere riproduttivo, gli individui di entrambi i sessi devono essere liberi di avere rapporti sessuali con chi vogliono (esclusi i parenti stretti con cui vi sarebbe incesto), ma escludendo assolutamente la procreazione. Se da qualcuna di queste relazioni non procreative derivasse un concepimento, secondo Platone, dovrebbe essere eliminato con l'aborto e, se questo mezzo non praticabile (es. perché la gravidanza è in fase troppo avanzata e il tentativo di aborto potrebbe risultare letale per la donna) o comunque risulti inefficace, il neonato deve essere soppresso o esposto.
Platone, Repubblica 460c-461c: "...stavamo appunto dicendo che la prole deve nascere da individui nel fiore dell'età ... quando avranno superato l'età della procreazione, lasceranno gli uomini liberi di unirsi a chi vogliono...; la stessa cosa varrà anche per le donne ... comunque raccomanderemo loro di usare ogni precauzione per non concepire neppure un figlio, e, nel caso in cui il concepimento avvenga di non farlo nascere, e se dovesse nascere per forza, di trattarlo come se non potesse essere allevato".

Nessun commento: