venerdì 13 giugno 2008

EMBRIONE E ABORTO NELLA CULTURA GRECA 1


Empedocle di Agrigento (492-432 circa)
I PHISIOLOGOI O PRESOCRATICI (scuola ionica ed eleatica V-IV a.e.v.)

Negavano che il feto prima della separazione dall'utero fosse un essere animale. Sostenevano che l'anima entrasse nel corpo umano al momento della nascita, con il primo atto respiratorio. Prima di allora il feto era considerato parte delle viscere della donna che lo aveva in grembo. Questa fu in particolare l'opinione di Empedocle.
Plutarco, Scripta Moralia, 41.1 : "Ritiene (Crisippo) che il feto sia per natura nutrito dall'utero come una pianta (Empedocle); che poi quando è partorito, investito dall'aria (Diogene) e temprato, muti respirazione (Empedocle): onde non impropriamente l'anima(psychè) sia così chiamata dal raffreddamento(psuxis)".

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SOCRATE (ATENE 469-399a.e.v.)

Socrate(figlio di una levatrice) non si espresse mai in maniera diretta sul tema dell'aborto e della natura dell'embrione, ma da quanto Platone gli fa dire in un passo del Teeteo(149 c-d), si può evincere che per lui l'aborto rientrasse tra le ordinarie mansioni delle levatrici e l'assenza di qualsiasi riserva morale su questa pratica.
Platone, Teeteo 149 c-d : " E non è vero, anche, che le levatrici dando farmaci e cantilenando possono stimolare le doglie, e, renderle, se vogliono più deboli, e pure far partorire quelle che hanno difficoltà e, se ritengono di dover abortire il nuovo essere, lo abortiscono? "


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PLATONE (ATENE 427-347 a.e.v.)
Neppure lui si è mai pronunciato espressamente sulla questione della natura dell'embrione. Tuttavia, un passo di Tertulliano lo annovera tra i seguaci della teoria dell'animazione postnatale: "Questo sostengono ...e talora lo stesso Platone, quando dice che l'anima, essendo totalmente estranea e bandiata dall'utero, entra nell'infante che nasce con il primo atto respiratorio così come esce con l'ultimo respirto" (Tert. De anima 25.2). Del resto, la nozione platonica di anima come sostanza distinta e assolutamente indipendente dal corpo, che preesiste ad esso fin dall'inizio dei tempi è congruente con l'idea che l'anima entri nel nuovo corpo soltanto al momento della nascita.
Platone si dichiara apertamente favorevole all'aborto come mezzo di pianificazione familiare e di continemento delle dimensioni della popolazione. Nella sua repubblica ideale, il numero dei cittadini deve essere controllato, affinché la popolazione non risulti né troppo grande, né troppo piccola e soprattutto sia costituita di individui il più possibile sani e di buone qualità psichiche e morali. Per inciso: si tratta di eugenetica, ma non di eugenetica per così dire nazista, perché lo scopo di Platone non è di creare una razza superiore destinata a dominare sulle altre, ma semplicemente di realizzare l'ideale della "kallipolis" il quale non può prescindere dalla bellezza e dalla perfezione dei singoli individui che compongono la cittadinanza. Questo controllo sulla popolazione deve avvenire prima tutto attraverso il controllo sui matrimoni. La procreazione deve avvenire soltanto in matrimoni legittimi, sanzionati dal diritto della città, tra persone reciprocamente idonee, quando sono nell'età del maggiore vigore fisico e mentale(20-40 per le donne, fino a 50 per gli uomini). Però, dopo aver adempiuto il loro dovere riproduttivo, gli individui di entrambi i sessi devono essere liberi di avere rapporti sessuali con chi vogliono (esclusi i parenti stretti con cui vi sarebbe incesto), ma escludendo assolutamente la procreazione. Se da qualcuna di queste relazioni non procreative derivasse un concepimento, secondo Platone, dovrebbe essere eliminato con l'aborto e, se questo mezzo non praticabile (es. perché la gravidanza è in fase troppo avanzata e il tentativo di aborto potrebbe risultare letale per la donna) o comunque risulti inefficace, il neonato deve essere soppresso o esposto.
Platone, Repubblica 460c-461c: "...stavamo appunto dicendo che la prole deve nascere da individui nel fiore dell'età ... quando avranno superato l'età della procreazione, lasceranno gli uomini liberi di unirsi a chi vogliono...; la stessa cosa varrà anche per le donne ... comunque raccomanderemo loro di usare ogni precauzione per non concepire neppure un figlio, e, nel caso in cui il concepimento avvenga di non farlo nascere, e se dovesse nascere per forza, di trattarlo come se non potesse essere allevato".

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ARISTOTELE (STAGIRA 384- CALCIDE 322 a.e.v.)

Sostiene la liceità dell'aborto come mezzo di pianificazione familiare e di controllo della popolazione, purché eseguito prima che il prodotto del concepimento abbia raggiunto lo stadio di animale, cioè di essere vivente provvisto di sensibilità e capacità vitale propria.
Aristotele, Politica 1335 b, 19-26 : "quanto invece al numero dei figli , se la regola del costume vieta che alcuni dei nati venga esposto, bisogna fissare il massimo di procreazione. E se ad alcuni accoppiandosi avvenga di superarlo, prima che si generino sensibilità e vita occorre provocare l'aborto : lecito e illecito invero saranno determinati in base alla sensibilità e alla vita".
Aristotele, diversamente da Platone, ritiene che l'anima si sviluppi per tappe graduali, insieme al corpo. Pertanto, al momento del concepimento è presente soltanto l'anima vegetativa(o nutritiva), una sorta di forza naturale che permette al prodotto del concepimento di nutrirsi e crescere, come una pianta. Soltanto in un momento successivo si forma l'anima sensitiva, con il che il prodotto del concepimento si trasforma in essere vivente di tipo animale(zwon). De generatione animalium, 736a27b1: "...i gameti e i feti degli animali non sono meno vivi di quelli delle piante...è ovvio che possiedono l'anima vegatativa,...ma come si sviluppano acquistano anche l'anima sensitiva e così diventano animali".
In nessuna delle opere di Aristotele a noi pervenute è detto con precisione quale sia il momento in cui la sensibilità e la vita iniziano ad essere presenti nel feto. E' verosimile che, conoscendo gli studi empirici delle scuole mediche, facesse riferimento alla fase avanzata della gestazione(ultimo quadrimestre), perché è da quel momento che gli scritti medici danno al feto l'appellativo di paidìon("bambino"). Secondo altri, invece, il termine di liceità dell'aborto si dovrebbe evincere da un passo in cui si afferma che "l'interruzione di gravidanza è chiamata efflusso fino al 7° giorno, aborto fino al 40° ed è entro questo limite che viene distrutta la maggior parte dei feti" (Aristotele, Historia animalium 583b 11-23). Tuttavia, il 40° giorno negli scritti della scuole mediche segnava soltanto il termine in cui l'embrione inizia ad avere la forma di un corpo umano, con possibilità di discernere le singole membra, mentre l'animazione(di cui sarebbe indice il movimento) è connessa con lo stadio successivo.

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IPPOCRATE (COS 460 - LARISSA 375 a.e.v.)

Nel Perì physios paidiou fu il primo a parlare dell'embrione con un minimo di conoscenza empirica, dovuta alla pratica della dissezione e dell'osservazione degli aspetti anatomici di feti provenienti da aborti.
LO SVILUPPO DELL'EMBRIONE SECONDO IPPOCRATE- Nella fase iniziale(primi 6 giorni)l'embrione è ancora sperma che sta cercando di attecchire nell'utero. Dopo il sesto giorno inzia il processo di formazione del primordio di nuovo organismo, che impiega 40 giorni per la femmina, 30 per il maschio. Durante queso processo si delineano gli abbozzi della testa, degli arti, delle estremità e degli organi interni. Segue una fase ulteriore, in cui la forma delle membra diviene più netta, le ossa si induriscono, diventano visibili nervi e vene. Questo processo si conclude alla fine del 3° mese per il maschio, alla fine del 4° per la femmina. Dal 4° mese(per il maschio), dal 5°(per la femmina), inizia il movimento fetale. Ed è pertanto a questo stadio che si colloca l'inizio della vita animale.
L'ABORTO SECONDO IPPOCRATE- Nonostante la sua concezione del processo di formazione del nuovo essere umano abbia ispirato la dottrina aristotelica della liceità dell'aborto fino al momento in cui inzia la sensibilità e la vita(animale), Ippocrate è noto soprattutto per la clausola antiabortiva del cd giuramento, un codice deontologico che i medici che entravano nella sua scuola si impegnavano ad osservare. Il divieto di somministrare farmaci abortivi è da imputare all'ispirazione religiosa della scuola, i cui membri dovevano essere adepti di qualche culto templare misterico, per il quale l'aborto sarebbe stato un atto impuro e sacrilego. In effetti, la clausola antiabortiva è seguita dalla frase "pura e pia manterrò la mia vita e la mia professione". D'altro lato, però, lo stesso Ippocrate racconta di aver aiutato ad abortire una danzatrice-musicista nella fase iniziale della gestazione:
Perì phusios paidiou XIII,1: "...Ma narrerò come mai ho visto un prodotto di concepimento di 6 giorni. Un' amica di famiglia aveva una flautista di gran pregio, frequentata da uomini, che non doveva restare incinta, per non perdere valore. Aveva sentito la flautista ciò che le donne dicono fra loro: quando una sta per rimanere incinta il seme non esce, ma resta dentro; sentito questo, lo comprese, e sempre stava in guardia, e si accorse che il seme non le usciva, lo riferì alla padrona e il discorso giunse fino a me. Ed io, avendo udito, le consigliai di saltare fino alle natiche e già sette volte aveva saltato, quando il prodotto del concepimento cadde giù a terra e siprodusse rumore...Io dirò com'era: come se da un uovo crudo uno asportasse il guscio esterno e nella pellicola trasparisse l'umore che è all'interno. ... Inoltre, era rosso e sferico: alla membrana apparivano inerire fibre bianche e grosse, avvolte in un umore sanguigno denso e rosso...".
In ogni caso, è da notare, che la regola antiabortiva ippocratica non solo non aveva alcun valore vincolante sul piano legale, ma non era neppure seguita da tutti i medici. Sorano di Efeso(celebre medico greco che esercitò a Roma nel II secolo d.C.), per esempio, ne prende le distanze, scrivendo che soltanto alcuni medici "respingono gli abortivi richiamando la testimonianza di Ippocrate...e adducendo che è proprio della medicina conservare e salvare quel che la natura ha prodotto" (Sorano, Ginecologia I,9). Da questo passo, tra l'altro, si evince che alla base dell'atteggiamento antiabortista degli ippocratici non c'era il convincimento dell'aborto come soppressione di una vita umana, bensì dell'aborto come atto contro natura.

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foetum corrumpentia, ex Aspasia :-)

CLEOPATRA(II secolo e.v.) E ASPASIA(V-VI secolo e.v.?) MEDICHE

Sono due ostetriche greche, autrici di due lunghissime raccolte di ricette abortive. Il ricettario di Aspasia è trascritto nel Tetrabiblos di Aezio(medico greco della prima metà del VI secolo) e per questo deve essere di poco a lui anteriore, mentre quello di Cleopatra è tradito insieme all'opera ginecologica di Sorano di Efeso.

domenica 9 marzo 2008

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GALENO (PERGAMO 129- ROMA 200 e.v.)

Nel solco della tradizione ippocratica, nega che il feto possa essere considerato un essere umano prima del compimento del primo trimestre di gestazione.
Galeno, Eis to Ippocràtous perì throphès upomnema: "...il feto nel primo e secondo tempo, quando ha solo un certo abbozzo e come un adombramento di tutte le parti, non può in alcun modo esser detto animale (zwon), ma ha tutta la formazione come una pianta"
Si può dunque concludere che la tolleranza della civiltà greca nei confronti dell'aborto aveva basi razionali, scientifiche e umanistiche, fondandosi sulla consapevolezza, rafforzata dallo studio anatomistico, che l'embrione non è ancora un uomo, ma soltanto la materia da cui un uomo può formarsi.

domenica 24 febbraio 2008

BIBBIA E ABORTO

La Bibbia non dice nulla sull’aborto. La cosa è singolare perché l’aborto era invece menzionato nelle leggi di popoli vicini agli Ebrei come gli Assiri e i Sumeri. Nella Bibbia inoltre non c’è alcun riferimento che permette di mettere sullo stesso piano la vita intrauterina a quella di un essere umano già nato. Di conseguenza non si può affermare, se non arbitrariamente, che il quinto comandamento riguardi anche l’aborto. È vero piuttosto il contrario, infatti, secondo la Bibbia la nozione di persona umana è subordinata alla presenza del respiro, come dimostra Genesi 2:7 in cui si afferma che Dio formò l’uomo con la polvere di terra e solo dopo aver costruito il suo corpo, soffiò dentro le sue narici l’alito della vita e l’uomo diventò un essere vivente. Ezechiele 37:10 “ E lo spirito entrò in loro, ed essi ripresero vita”. Giona 6:63 “ E’ lo spirito che vivifica, la carne(da sola)è nulla”.
Del resto, il fatto che la Bibbia non assimili il feto alla persona umana si ricava molto chiaramente da Esodo 21:22-25. In esso, infatti, la perdita del feto equivale, per il marito, ad un danno materiale del quale deve essere indennizzato in maniera pecuniaria, mentre l’omicidio preterintenzionale della donna incinta, al contrario, è sanzionato con la pena capitale. Gli antiaborto spesso si appoggiano a quei versetti della Bibbia nei quali dio è evocato nel contesto della vita prenatale:
“Sei tu che mi hai tessuto nel seno di mia madre” (Ps 139:13)
“Prima di averti formato nel ventre di tua madre, io ti conoscevo” (Geremia, 1:5)
Ma questi versetti, in realtà, non evocano nient’altro che un Dio considerato onnisciente e creatore della vita che conosce gli uomini(la cui esistenza è stata da lui predisposta e programmata)prima ancora che essi esistano, prima del loro stesso concepimento, allo stesso modo in cui conosce le parole prima che siano state dette e gli avvenimenti prima che si producano. Da questi versetti dunque non si possono dedurre regole concernenti lo statuto dell’embrione e l’aborto.
È altresì significativo che i cristiani abbiano sempre considerato come giorno dell’incarnazione di Gesù non il giorno in cui a Maria fu annunciato l’inizio della sua iero-gestazione, ma bensì il giorno in cui Gesù fu partorito: come ha scritto Kurt Koch(vescovo di Bâ le) “On appelle Noë l la nuit de la naissance de Jesus Christ, où il est devenu homme”. Secondo alcuni è anche opportuno considerare che Maria sembra aver accettato liberamente la sua gravidanza. Se una nuova vita è un dono di Dio, un dono non può essere imposto. Rientra nella natura del dono la possibilità del destinatario di rifiutarlo, altrimenti non è un dono, ma un onere, non una benedizione, bensì una maledizione. Resta inoltre che è assolutamente disumano forzare la donna a figliare,trasformandola in uno strumento di riproduzione della specie.
Inoltre, in numerosi passi della Bibbia risulta il principio che è meglio non nascere che vivere nel dolore, nell’infelicità e nell’oppressione, ad es. Ecclesiaste 4:2-3. Così ancora in Ecclesiaste 6:3-5, e in Giobbe 10:18-19. Questi passi stanno a significare che almeno l’Antico Testamento non era insensibile al valore della qualità della vita. Del resto, anche nei Vangeli, Gesù in prima persona interviene per sanare le persone che si rivolgono a lui, per liberarle dai loro mali, dunque per migliorare la loro qualità di vita, ed è per questo che le persone lo seguono,non certo per essere storpiate o per vivere nella sofferenza e nell’umiliazione.
Poi c’è il passo di Luca 1:46 diretto contro i dottori della legge che interpretano le scritture in modo da caricare le persone di pesi insopportabili che essi stessi non si sognerebbero di toccare con un dito: la parola di Dio non può essere interpretata in modo da rendere oltremodo difficile e penosa la vita degli esseri umani.
Di recente gli anti-aborto amano citare,in maniera alquanto inappropriata e scorretta, a sostegno delle propria tesi un versetto di Matteo 18,10 in cui Gesù, riferendosi a bambini già nati, anzi anche piuttosto cresciuti(visto che li definisce come “credenti in lui”), sentenzia: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli”.
Insomma, ciò considerato, la rivendicazione di una legge contro l’aborto non trova nessun saldo fondamento nella Bibbia.
In realtà, l’aborto iniziò ad essere sistematicamente equiparato all’infanticidio o all’omicidio soltanto nelle opere degli apologisti cristiani: si trattava, per lo più, di autori di formazione ellenistica o romana(come Tertulliano), che avevano assorbito la preoccupazione pro-natalista presente nelle élites conservatrici romane preoccupate per la crisi demografica del loro popolo o le idee di filosofi che si rifacevano alla tradizione orfico-pitagorica attraverso le dottrine platoniche dell’anima. In altre parole, l’atteggiamento di ostilità all’aborto è, essenzialmente, il frutto dell’incontro accidentale tra tre elementi:
(a)l’autoritarismo romano e la politica demografica imperialistica
(b)il misticismo di derivazione orifico-pitagorica e il giudaismo ellenizzato sviluppatosi in Alessandria d’Egitto sotto l’influsso della filosofia platonica(sebbene Platone di per sé non risulti contrario all’aborto,né si esprima sullo status ontologico del concepito)
(c)il misticismo dei membri delle prime comunità cristiane e la loro ripugnanza verso tutte le pratiche pagane legate alla libera, consapevole e calcolata gestione del corpo,della sessualità e delle conseguenze di quest’ultima.
Infine, è da notare che nell’epoca in cui si formò la dottrina cristiana(I-V secolo e.v.) l’aborto non era visto come un bisogno legato alla salute, alla sicurezza e all’integrità fisica e psichica della donna. La funzione fondamentale,se non esclusiva,della donna nell’ambito della collettività era la procreazione: per questo motivo le donne venivano allevate, per questo motivo venivano prese e mantenute dai mariti o dalle famiglie di questi ultimi. In un sistema sociale del genere, una donna che abortisse veniva considerata come persona che veniva meno alla sua ragion d’essere all’interno della famiglia e della collettività. Una donna che abortisse, soprattutto se abortiva il concepito del proprio legittimo consorte, era equiparabile ad un uomo che venisse meno ai suoi doveri nei confronti dello Stato, ad esempio rifiutandosi di partecipare alla difesa militare della città o di svolgere uffici pubblici. La donna, infatti, non aveva altro compito verso la società che quello di procreare. Non vi era altro modo in cui poteva essere utile alla collettività. Quindi il suo comportamento abortivo non poteva che essere oggetto di riprovazione morale e non poteva che essere visto come la conseguenza di un’attitudine viziosa, in quanto si riteneva che per una donna onesta, che intrattenesse relazioni sessuali soltanto con il legittimo consorte, procreare il più grande numero di figli possibile, in modo da accrescere il potere e l’influenza della famiglia, fosse una cosa naturale e desiderabile. Negli autori antichi l’aborto non viene mai ricollegato all’esigenza della donna di gestire autonomamente la propria sfera riproduttiva, di decidere se e quando diventare genitore, un’idea di questo tipo era inconcepibile nella cultura antica e lo rimase per molti altri secoli ancora. L’aborto risultava sempre connesso con la necessità di eliminare il risultato di una colpa ,di una irregolarità nella condotta sessuale(principalmente adulterio)o alla condizione della prostituta. Il cristianesimo cattolico nella sua attitudine assolutamente anti-abortista si fa ancora portatore di questo arcaico retaggio che vede nella riproduzione non una scelta privata di natura affettiva, ma una funzione pubblica cui la donna deve essere sottomessa, anche contro ogni propria volontà e interesse, per il preteso bene della collettività e dello Stato.

sabato 23 febbraio 2008

...difesa o stupro della vita ?

"E’ la stessa Comunità di Don Benzi a descriverci uno di questi “capolavori” della ginecologia vaticanista.La bambina “salvata” dai benemeriti ginecologi e dalla ancor più benemerita comunità ha 15 mesi e per sette è vissuta in una casa famiglia del Padovano.I suoi genitori, descritti dai “benemeriti” come una coppia spietata e infanticida, avevano deciso di interrompere la gravidanza perchè, alla ventunesima settimana di gestazione, avevano scoperto che la piccola sarebbe stata completamente cieca per la vita intera in quanto era del tutto priva dei bulbi oculari.Una settimana dopo è cominciato l’aborto terapeutico con i farmaci necessari per indurre l’espulsione del feto. Quando il feto era stato dato alla luce, era sopravvenuta un’emorragia celebrale, che aveva reso sorda la bambina, nonché un difettoso accrescimento dei bronchi che le aveva prodotto una gravissima insufficienza respiratoria. In pericolo di vita per molti mesi la piccola è stata affidata dapprima a una casa-famiglia cattolica. Poi una coppia del padovano, sposata con tre figli e due adottati, ha deciso di accogliere anche la sventurata bambina considerandola, come dichiararono i due pii genitori adottivi, con inconsapevole humor nero, “un raggio di Paradiso”. Ora la bambina ha 15 mesi e pesa appena 6 chili: cioè meno della metà del normale, ma la donna che l’ha accolta si dice molto ottimista e fiduciosa.Il calvario della bambina, nonostante l’ottimismo della “madre” adottiva, è però agghiacciante: oltre all’emorragia celebrale, la piccola ha subito un intervento al cuore a dieci giorni di vita nonché, come si diceva, gravi problemi respiratori e infettivi.Ma tutto questo è ancora nulla in confronto a quanto la bambina e, se sopravvivrà, l’adolescente e la donna costretta a vivere dal buonismo vaticano, dovrà patire a mano a mano che la sua cosiddetta vita si evolverà e la coscienza della sua condizione atroce andrà sviluppandosi.Ecco dunque dove approdano le cure provvide del Vaticano e dei medici vaticanisti: non alla difesa ma allo stupro della vita, costretta dai nobili principi delle gerarchie ecclesiastiche a consumarsi nella sofferenza atroce ed infinita di una condanna a morte continuamente rinviata." da
http://www.luigidemarchi.it/2008/02/i-ginecologi-vaticanisti-difesa-o.html

giovedì 21 febbraio 2008

IO VALGO PIU' DELL'EMBRIONE

Non è giusto distorcere il significato del principio di uguaglianza tra esseri umani per equiparare un genoma umano in una forma di vita meramente cellulare(ovocita fecondato)agli organismi umani formati e senzienti. Si tratta di una vergognosa prevaricazione ideologica(che peraltro senza l‘appoggio delle gerarchie e delle associazioni cattoliche avrebbe scarsissimo seguito tra i laici), che svuota di significato lo stesso concetto di “umanità” e offende e avvilisce tutti noi organismi, esseri umani formati e senzienti che vediamo così ridotta la nostra essenza e il nostro valore al mero dato materiale dell’appartenenza genetica, messi sullo stesso piano di un aggregato di cellule indifferenziate o di un agglomerato di tessuti che non ha ancora dato luogo ad un organismo umano pienamente funzionante. È necessario reagire ad una cultura autoritaria che per espropriarci della nostra identità e autonoma individuale ci vuole convincere che noi e un embrione siamo la stessa cosa e abbiamo lo stesso valore. In effetti è così che ci vorrebbe ridotti il potere, ad esseri meramente vegetativi, privi di intelligenza e di iniziativa propria: materiale organico dotato di funzionalità operativa avanzata da sfruttare per le finalità gradite ai gruppi dominanti. Io valgo più dell’embrione, anche dello stesso embrione da cui sono derivato, non è possibile disconoscere il valore ed il significato etico e sociale del passaggio dallo stadio embrionale a quello umano. Chi, peraltro in aderenza alla realtà dei fatti, non è disposto a considerare essere umano un aggregato di cellule, solo perché contiene genoma di specie umana, deve essere libero non solo di pensarla a modo suo, ma anche di agire di conseguenza, soprattutto nelle questioni che riguardano esclusivamente il suo corpo e la sua esistenza(aborto, contraccezione antinidativa)e gli operatori sanitari che non si vogliono piegare alla dittatura dell'embriolatria devono poter operare secondo la propria coscienza, senza essere impediti da leggi inique nella loro intenzione di recare giovamento alle persone umane da tutti riconosciute come tali.

ARGOMENTI ANTI-ABORTO E LORO CONFUTAZIONE

(a)il pre-embrione e l’embrione hanno diritto alla vita perché(al di là della loro struttura biologica) appartengono comunque alla specie umana, dunque sono umani e l’essenza umana va tutelata fin dall’inizio. In realtà tutto il materiale biologico che contiene DNA umano è umano, ma non per questo lo si tutela come se fosse una persona. Infatti, ogni cellula del corpo umano contiene tutto il genoma dell’individuo, anche se è attiva soltanto l’informazione relativa al tessuto specifico cui appartiene.(b)lo zigote è vita di un nuovo individuo, indipendente dai genitori, che si sviluppa in maniera autonoma(questo si legge nella istruzione Donum Vitae della CdF cattolica). Niente di più falso, perché nello zigote di nuovo c’è soltanto la pura informazione genetica. Infatti, il materiale cellulare di cui è costituito lo zigote appartiene prevalentemente alla donna, visto che si tratta dell’oocita originario nel quale lo spermatozoo(esiguo dal punto di vista del contenuto proteico-lipidico) si limita ad essere fagocitato. Dunque è giusto sostenere che il pre-embrione è una massa cellulare di pertinenza dell’organismo femminile. Inoltre, lo sviluppo del pre-embrione non si svolge affatto in maniera autonoma,esso, infatti,può procedere oltre lo studio di blastula soltanto in connessione con e a spese dell’organismo femminile.
(c)nell’embrione deve essere tutelata la persona che esso è in corso di diventare, la persona in fieri. Si sostiene che la sua umanità è reale proprio perché in corso di attuazione, anche se non ancora completamente attuata. In realtà, si tratta soltanto di un modo molto contorto per sostenere che la legge deve assicurare con tutti i mezzi, anche coercitivi, che il processo di formazione della nuova persona arrivi a conclusione, quali che possano essere le conseguenze per la persona di sesso femminile che a questo processo deve prestare il proprio corpo. Appare superfluo osservare che se la persona, nel momento in cui si interviene con l’aborto, è in corso di formazione, in quel momento, questa persona ancora non esiste, ancora non è reale. Ciò che esiste, ciò che è reale è soltanto il processo della sua formazione, che non può essere personificato , in una finzione etico-giuridica, a spese dei diritti umani della persona di sesso femminile.
(d)l’embrione è comunque una nuova vita umana. Erroneo, è soltanto la premessa biologica di una nuova vita umana. Certo interrompendo la gravidanza quella premessa resterà senza seguito, un bambino che avrebbe potuto formarsi non si formerà, ma questo accade anche nel caso in cui uno impedisca il concepimento, perché, in questo caso, due gameti che avrebbero potuto incontrarsi, dando origine al processo di formazione di un bambino, non si incontreranno mai. Stando a questo ragionamento lo stato, per non offendere la vita, dovrebbe obbligare le persone che non lo desiderano a procreare. Questo argomento spesso si presenta in un’altra forma più diretta ed emotiva: che se noi fossimo stati abortiti oggi non potremmo neppure difendere la libertà di abortire. Con il sottinteso che vietare l’aborto significa difendere la nostra stessa esistenza e la nostra libertà(!). Certo, ma anche se non fossimo stati concepiti oggi non esisteremmo e non potremmo difendere le nostre libertà, dunque cosa dobbiamo fare lottare perché vengano messi al bando i mezzi contraccettivi e le persone refrattarie vengano obbligate a procreare? Il fatto che a noi sia stata data l’occasione di nascere, ci legittima a pretendere che la stessa occasione sia data a chiunque, anche ad uno zigote che si è formato abusivamente nel corpo di una donna che non lo voleva, magari in seguito ad una violenza o ad un abuso sessuale?
(e)se si ammette l’aborto per eliminare un concepito scomodo, sarà facile arrivare ad ammettere anche l’omicidio per liberarsi di persone sgradite(e.g. L'aborto è il più grande distruttore della pace perché, se una madre può uccidere il suo stesso figlio, cosa impedisce che io uccida te e che tu uccida me? Non c'è più nessun ostacolo, M. Teresa di Calcutta Da notare la sovrapposizione del tutto infondata tra interruzione di gravidanza e figlicidio)Si tratta di un ragionamento viziato già alla base per il fatto di fondarsi sulla equiparazione tra concepito e persona umana pronta per la nascita o già nata. Una cosa è liberare il proprio corpo da una blastula(peraltro rendendo l’utero inidoneo all’impianto, senza dunque agire direttamente su di essa)o da un abbozzo di organismo umano, privo di soggettività perché ancora totalmente inanimato. Altra cosa è uccidere una persona umana completa, un soggetto umano(anche di pochi mesi o anni, anche totalmente deficiente), che(per quanto possa darci fastidio) vive per suo conto nell’ambiente esterno al nostro corpo. Il rispetto dovuto alla vita delle persone umane non implica che si debba assicurare,a tutti i costi, la formazione di nuove persone.
(f)il concepito non può essere ridotto a mero materiale biologico, per via della sua potenzialità di diventare persona umana. Ma neppure la donna, che sicuramente è una persona umana, può essere ridotta ad un mero contenitore biologico per assicurare, contro il suo volere, lo svolgimento del processo che dallo zigote porta al feto pronto per la nascita. I difensori della vita mostrano tanta solidarietà e simpatia nei confronti di un aggregato di cellule o di un abbozzo inanimato di organismo umano, ma paradossalmente ignorano del tutto l’umanità della donna il cui corpo dovrebbe essere requisito per permettere, contro la sua volontà, che quell’abbozzo di organismo diventi una persona.
(g)l’aborto(non terapeutico)è una scelta egoistica o vigliacca? Sia pure. Non è compito della legge, né degli operatori sanitari rendere gli individui più generosi o più coraggiosi. Finché si tratta di un embrione la donna deve essere libera di disporne almeno nel senso di poterlo espellere dal proprio corpo, senza dover dare alcuna giustificazione. Del resto, la gravidanza è un processo invasivo, di lunga durata, che produce notevoli effetti avversi sulla salute fisica e psichica della donna. È impensabile che una persona possa essere condannata per 280 giorni a sopportare disagi e sofferenze avendo dentro di se un essere indesiderato o addirittura odiato e poi anche a dover affrontare il trauma del parto. Si tratta di una pretesa disumana.
(h)l’aborto è una scelta che mette in pericolo la natalità e la continuità della società? Se è per questo, sono pericolosi, per la continuità della società anche la contraccezione in tutte le sue forme e l’astinenza totale dai rapporti (etero)sessuali. Senza considerare che spesso le donne che ricorrono alla IVG hanno già figli o non escludono di averne in futuro. Anche a quest’ultimo proposito, non è compito della legge, né degli operatori socio-sanitari stabilire quando e quanti figli una donna o una coppia debba procreare. Del resto le statistiche, per quanto riguarda l’Italia, dimostrano che il calo della natalità è proceduto di pari passo con la diminuzione delle IVG, per cui non vi è alcun rapporto tra legalizzazione della IVG e calo delle nascite.

ARGOMENTI PRO-ABORTO LIBERO

(1)le leggi che permettono l’aborto non obbligano le donne ad abortire, né incentivano o promuovono in alcun modo il ricorso all’aborto, si limitano a rimettere alla singola persona interessata la decisione se interrompere o meno una gravidanza, dunque è assolutamente infondata la tesi della Chiesa secondo chi vota una legge permissiva in materia di aborto o sostiene politici favorevoli all’aborto(o meglio alla libertà di scelta in questa materia) concorra nell’interruzione di gravidanza come peccato. Infatti la legge permissiva in materia di aborto non è un provvedimento che direttamente autorizzi uno o più aborti, è soltanto una norma che delega all’autonomia privata(in questo caso a quella della gestante)la decisione di interrompere o meno una gravidanza odiosa.
(2)l’aborto non è un omicidio, soprattutto quando è praticato entro i primi 80 giorni. È infatti scientificamente provato che, in questo periodo, l’embrione è assolutamente inanimato, non ha attività cerebrale e nervosa. Ora, la nostra legge, seguendo il parere della comunità scientifica, ha stabilito che la morte della persona e quindi la fine della persona umana coincide con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Si può, pertanto, ragionevolmente affermare che prima dell’inizio di una regolare attività cerebrale(cosa che avviene dopo il 5° mese di gestazione), la persona umana non esiste. L’embrione è soltanto l’abbozzo organico di un futuro individuo umano. L’embrione non si muove e non percepisce alcunché, non può provare dolore, né rendersi conto di essere sradicato dalla parete uterina. Gli anti-abortisti descrivono l’aborto di embrioni(1-2,9 mesi) usando spesso immagini e/o riferimenti che, in realtà, pertengono ad interventi abortivi eseguiti su feti di 4,5-6,8mesi.
(3)Non si può forzare la persona di sesso femminile a prestare il proprio corpo ad una gestazione odiosa, contro ogni sua volontà, interesse e convincimento etico, ciò sarebbe contrario al principio di tutela dell’integrità fisica e morale della persona, che costituzionalmente fonda il nostro ordinamento giuridico positivo.Del resto, in tutti gli ordinamenti, in materia di donazione di organi e di sangue, il principio della tutela della vita umana viene, giustamente, sacrificato al diritto dell’individuo di essere il solo a disporre del proprio corpo. Per esempio non esistono leggi che obblighino i familiari compatibili a donare il proprio midollo o il proprio sangue per salvare la vita di un congiunto che ne abbia bisogno. Il nostro ordinamento dunque riconosce il principio che la donazione del proprio corpo o di una sua parte,per permettere la vita di un altro, deve essere un atto spontaneo, assolutamente non coercibile. E la stessa ratio vale per la continuazione della gravidanza , non costituisce, infatti, una differenza essenziale il fatto che quando si parla di gravidanza ci si trovi di fronte ad un evento compiuto(magari grazie all’intervento di uno stupro o di un abuso sessuale), mentre per effettuare una donazione d’organo o di sangue è necessario l’intervento di una specifica attività umana. Perché in entrambi i casi si tratta comunque di donare il proprio corpo o una parte di esso al fine di permettere la vita di un’altra entità umana.
(4)quando la gravidanza possa nuocere alla salute della donna o mettere in pericolo la sua vita, l’interruzione, anche nel caso in cui la gravidanza sia in fase avanzata, è giustificata dal principio della legittima difesa e/o dello stato di necessità. Nessuno infatti può essere obbligato dalla legge a preferire di salvare la vita di un altro piuttosto che la propria vita o salute fisica.
(5)le leggi proibitive in materia di aborto, in realtà, non eliminano il fenomeno dell’aborto, alimentano soltanto il mercato degli interventi abortivi clandestini(con tutti i rischi che questo comporta per la salute e la vita delle donne interessate), come dimostrano diverse denunce riguardanti il caso della Polonia che è, attualmente, il paese europeo con la legge più restrittiva in materia di aborto, ma è un paese nel quale gli aborti clandestini superano di gran lunga quelli praticati legalmente in paesi dove vige un regime più permissivo. È comunque evidente che nessuna donna ,incorrendo in una gestazione odiosa ,si rassegna di fronte all’idea di subirla e quindi la più prevedibile conseguenza di leggi che restringano la possibilità di abortire è che le donne, soprattutto quelle meno abbienti, riscoprano mezzi impropri per auto-indursi l’aborto, talora con esito letale.